Cotignola: Sottopalco

dal 20 ottobre al 10 novembre 2024 - Teatro Binario, Cotignola (RA) >>

Sottopalco
mostra fotografica di Gianni Zampaglione

apertura: venerdì e sabato ore 17-20, domenica 10-12 / 17-20
inaugurazione: domenica 20 ottobre ore 18
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Sottopalco un cantastorie
Il fotografo, per noi di teatro, è un ospite importante che diventa parte della compagnia. È colui che facciamo entrare come pochi altri nell’intimità delle prove perché resti una traccia di questa nostra arte fragile ed effimera che senza foto si imprimerebbe soltanto nella memoria di chi c’è. La foto è più misteriosa e sincera di un video, parla molte lingue e resiste nel tempo. Lascia immaginare la magia che solo dal vivo si manifesta e che il video non riesce a catturare. Non scimmiotta la realtà, non pretende di riprodurla, la traduce e la ricrea.
Il fotografo poi deve avere l’abilità di un mago: deve esserci, ma deve anche scomparire, perché nessuno abbia la tentazione di mettersi in posa, ma anche perché nessuno si nasconda. Deve fare in modo che ci si dimentichi di lui. Deve riuscire ad acchiappare un colore, un clima, un’atmosfera, un’espressione. Deve spiare con affetto e rubare con generosità, visto che poi ci restituisce tutto, anche quello che non eravamo consapevoli di essere e di avere.
Noi eravamo orfani di un fotografo così.
Avevamo perso Pier Franco Ravaglia, che ci seguiva ovunque e documentò gli anni meravigliosi dei laboratori e degli spettacoli nei palazzi abbandonati e nei campi, nel teatro distrutto e nella chiesina bombardata, sugli argini e nelle case di campagna.
Paolo Maioli, che cogliendoci di spalle o in movimento, riusciva a trasmettere l’emozione dell’arte dal vivo e del dietro le quinte, ci ha salutato presto.
Finalmente arriva Gianni. Le nostre prove, gli eventi e gli spettacoli, attraverso i suoi scatti, sono di nuovo divenuti un racconto di attimi passati che parlano al futuro. Le sue foto, diventate manifesti e locandine, pubblicate sui giornali, hanno girato paesi e città, festival e rassegne. In lui ci sono tutte le qualità che ho elencato prima, con qualcosa di più: ama fotografare i paesaggi naturali e quelli dove gli esseri umani sono appena andati via o non ancora arrivati. In quei suoi spazi deserti e magnifici, leggo la bellezza della scena l’attimo prima che si popoli di volti e voci, o il mistero del palco quando, finito lo spettacolo, smontata la scena, resta deserto e pieno di fantasmi.
Zampa è uno di noi, anche se sta sotto, fuori, giù dal palco. Con gli occhi, il cuore e la sua maestria danza con noi e si vede. Nelle sue foto passano non solo lo spettacolo, gli attori, le luci. Passa anche la vita. (Elena Bucci)

Quello sguardo… sottopalco…
“La fotografia ruba l’anima!”, diceva sempre il nostro mai abbastanza compianto ‘poeta della luce’ Maurizio Viani, citando antiche e robuste credenze ataviche per giustificare la sua viscerale avversione al momento inesorabile delle ‘foto di scena’ durante le prove dei tanti nostri spettacoli cui collaborò con la sua preziosissima creatività. In me, invece, ho sempre sentito affiorare una pulsione opposta: il piacere intimo e sottile di quel momento, in cui viene ‘fissata’ l’espressività impalpabile delle ‘anime’ degli attori e dei personaggi mentre si fondono in una miscela magica e misteriosa: il volto dell’attore ‘pulsa’ diversamente da quanto accade quotidianamente, ‘abitato’ da quell’altro io che lo spinge su traiettorie inimmaginate, libero da pudori, vergogne e vanità, restituendo il miracolo dell’attimo fuggente.
Naturalmente, non sempre questo accade: è necessario che l’attore sia ‘autentico’ nella sua adesione all’atto creativo e moderatamente vanesio, ma anche che il fotografo sia interessato a cogliere quel frammento effimero di miracolo espressivo e, soprattutto, capace di farlo. Zampa è uno così. Arriva silenzioso, in compagnia della sua scodinzolante compagna a quattro zampe, e si aggira curioso per i meandri del teatro, tra palcoscenico, quinte, palchetti e platea, a caccia di attimi fuggenti. E li coglie spesso, con quella semplicità e quella mancanza di prosopopea che hanno i professionisti onesti e in pace con se stessi; ruba preziosi frammenti di quelle anime ‘miste’ in bilico tra attore e personaggio e li restituisce ‘fissati’ nella luce del suo sguardo appassionato.
Certamente, la fotografia di scena non è soltanto ritrattistica sapiente, abbraccia e impreziosisce anche lo spazio scenico e il dettaglio, combatte ad armi impari con la volontà di restituire il soffio della luce, talvolta suggerisce sorprendenti prospettive ignote a registi, attori e spettatori, e tutto questo ritorna puntuale nelle immagini di Zampa, ma ciò in cui a mio avviso lui eccelle è proprio quel furto prezioso d’anima, che tanto spesso – nelle restituzioni di altri scintillanti grandi sguardi d’autore - mi ha fatto innamorare di attrici e di attori anche senza avere avuto la fortuna oppure la possibilità di vederli dal vivo.
È una qualità silenziosa e discreta, che non tutti i fotografi possiedono e che a me accende dentro una scintilla luminosa quando - mentre sto recitando - so di essere fotografato da un simile sguardo. (Marco Sgrosso)