AUTOBIOGRAFIE DI IGNOTE
di e con Elena Bucci
cura del suono, sensori, interventi elettronici dal vivo Raffaele Bassetti
produzione Le belle bandiere
debutto: 21 settembre 2014, Ospedale Forlanini/San Camillo, Roma
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Grazie alla Giuseppa che mi ha spiegato l'incanto del racconto, grazie all'abbraccio delle mie nonne e zie e a quello di mia madre che ha tentato di proteggermi dal dolore.
Grazie alle donne che, sotterranee e note, stanno cambiando il mondo, con un mite procedere e senza urlare. Grazie alla loro voglia di chiacchierare anche quando non serve e al desiderio di giocare. Grazie alle donne che hanno popolato i miei spettacoli prendendomi per mano, grazie a quelle vere che mi hanno insegnato il coraggio con un genio che non mi appartiene e a quelle inventate che ho incontrato nel terreno senza steccati del palco, create da artisti e artiste che ne hanno colto il mistero. Grazie tra le molte, alla rivoluzionaria Eleonora Duse, alla ribelle Juana de la Cruz, alla straordinaria autrice attrice che fu Isabella Andreini nello scorcio del '500 e alla sconosciuta ai più Zaira, cui pur non volendo riuscirono a togliere la voce e che resta impigliata in un mio sogno. Grazie al loro canto.
Quando potremo smettere di pensare alle donne come una categoria da proteggere sarà un momento di grande felicità: vorrà dire che visioni, linguaggi, modi di intendere la vita saranno finalmente in dialogo verso una costruzione del futuro più armonica rispetto a quella presente che sta rivelando la sua violenta fragilità.
Il teatro, attraverso l'improvvisazione, la scrittura e la composizione in musica delle emozioni e delle visioni che ho raccolto, mi permette di raccontare alcuni ritratti femminili, immaginando di dare voce a un coro del quale divento medium, fatto di molti linguaggi e idiomi, dal canto al dialetto, dalla poesia al racconto, intessuto di voci di donne di epoche diverse, di diverse culture, di diverse fortune, ma tutte unite da una ricerca di autenticità e di pienezza che le ha rese ai miei occhi eroiche.
Quante figure, che ho creato nel corso del mio lavoro, partecipano di tante esistenze osservate con partecipazione, appuntate su un quaderno o nella memoria: così il personaggio di Ofelia, aspirante naufraga per amore di un bagnino violento, o Zaira, che imparava a memoria tutte le melodie e le ripeteva, lei con i capelli lunghi intrecciati sulla testa come fossero una corona, o Monica, casalinga impazzita di psicofarmaci nel tentativo di comprendere come mai le grandi battaglie culturali si siano per lei tradotte in un grigio destino di dorata sottomissione alla carriera del marito. Nel tempo ho anche spiato con grande divertimento le tecniche di resistenza e opposizione che, attraverso canto e risate hanno permesso alle donne di creare gioia anche di fronte alle più clamorose ingiustizie. Ho imparato soprattutto che di nessuna vita si può mai dire di cogliere l'essenza e che ogni vita è un romanzo senza fine.
Alle loro si interseca la mia autobiografia e quella di tante persone che ho conosciuto o sfiorato.
Il canto mi consente di trasformare in 'ballate' le biografie, astraendole dalla quotidianità, a volte ricorrendo a interpretazioni di brani famosi, a volte con la creazione di melodie originali. Una frase banale, che ho sentito ripetere qua e là, detta in musica può evocare un universo.
Nel canto delle donne del mio sogno - il canto che si leverà quando non ci sarà più una festa delle donne perché avremo imparato a festeggiarci ogni giorno soltanto per il fatto di essere al mondo - c'è una nota che è tutta della Zaira, e attraverso quella nota lei vigila e risplende, intatta nel suo amore.