IL PARADISO PERDUTO, IL PARADISO RITROVATO
una lettura in musica
liberamente tratta daI "Paradiso Perduto” di John Milton e altre scritture
liberamente tratta daI "Paradiso Perduto” di John Milton e altre scritture
ideazione Elena Bucci
elaborazione drammaturgica e interpretazione Elena Bucci e Marco Sgrosso
al violino e al pianoforte Dimitri Sillato - drammaturgia del suono Raffaele Bassetti - luci Loredana Oddone - assistenza all'allestimento Nicoletta Fabbri
produzione Le belle bandiere - Federgat | I Teatri del Sacro 2017 con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi
debutto: 6 giugno 2017 - Teatro Ventidio Basso, Ascoli Piceno
___
«... meglio regnare all'Inferno oppure servire in Paradiso?... la terra sarà tutto un paradiso, più felice assai di questo Eden...»
Partiamo da una lettura in musica del Paradiso Perduto di John Milton, dove si racconta della perdita della felicità perfetta, a partire dalla tentazione di Adamo ed Eva ad opera di Satana in veste di Serpente fino alla loro cacciata dal giardino dell'Eden creato per loro da Dio. Trecentocinquanta anni dopo la sua prima pubblicazione, questo poema epico ancora ci colpisce per la bellezza e potenza visionaria della sua scrittura, per la ricchezza delle tematiche dove si stratificano molte culture, per i suoi personaggi vividi e intensi: Satana, mutevole e ribelle, Adamo ed Eva, in bilico tra estasi e rovina, che nella condanna trovano forza nella speranza di una diversa felicità, fino all'enigmatica figura di un Dio inflessibile e a quella del Figlio, permeata di compassione e amore.
Il tema centrale del poema, che attraversa tutte le religioni e tutte le culture senza che le diverse risoluzioni e interpretazioni ne esauriscano le domande, ancora una volta ci cattura: che cosa siano il bene e il male e quale l'essenza del peccato.
Il suo racconto sempre ci incanta: la promessa di un luogo della felicità, donato all'uomo da Dio; la tentazione di un Demonio che illude gli umani di essere padroni del mondo, arbitri della vita e della morte; i loro errori che si traducono nella perdita della beatitudine. Nella sua evocazione che viene da un passato lontano ritroviamo le domande del presente: qual è il nostro paradiso perduto? Forse è un luogo del pensiero e dell'anima dove coltivare l'utopia di un futuro sempre migliore, dove il talento di ogni singolo sia un regalo per tutti e non un pericolo, dove felicità personale e collettiva coincidano, dove si incontri quello che corrisponde alla parola misteriosa che è amore? E come l'abbiamo perduto? Sostituendo il necessario con il superfluo, ipnotizzati dal sussurro di mercanti che promettono immortalità e potere in cambio della resa di ogni responsabilità? Le domande sono talmente grandi da risultare ovvie, ma è rischioso eluderle, in ogni epoca. E allora osiamo comparare la complessità della parola antica alla sintesi di quella scritta e parlata oggi, avviciniamo storie e figure del poema a cronache e personaggi del presente. La musica assume il ruolo di un terzo attore, attraversando la ricca lingua del testo mitico con sonorità antiche e contemporanee assolvendo il compito, insieme alla luce, di suggerire all'immaginazione luoghi e sensazioni.
E il nostro possibile, futuro giardino dell'Eden ritrovato - quel paradiso dentro di sé a cui allude Milton ormai cieco - forse è qui, nel dubbio, nella ricerca di un linguaggio autentico attraverso il teatro, nell'inversione delle abitudini, nella sospensione del giudizio, nell'apertura alla fiducia. Un passo.
Mai come ora l'arte può aiutarci a superare la paura, a comprendere la storia e gli altri, a costruire un'alternativa alla perdita della speranza.
Il tema centrale del poema, che attraversa tutte le religioni e tutte le culture senza che le diverse risoluzioni e interpretazioni ne esauriscano le domande, ancora una volta ci cattura: che cosa siano il bene e il male e quale l'essenza del peccato.
Il suo racconto sempre ci incanta: la promessa di un luogo della felicità, donato all'uomo da Dio; la tentazione di un Demonio che illude gli umani di essere padroni del mondo, arbitri della vita e della morte; i loro errori che si traducono nella perdita della beatitudine. Nella sua evocazione che viene da un passato lontano ritroviamo le domande del presente: qual è il nostro paradiso perduto? Forse è un luogo del pensiero e dell'anima dove coltivare l'utopia di un futuro sempre migliore, dove il talento di ogni singolo sia un regalo per tutti e non un pericolo, dove felicità personale e collettiva coincidano, dove si incontri quello che corrisponde alla parola misteriosa che è amore? E come l'abbiamo perduto? Sostituendo il necessario con il superfluo, ipnotizzati dal sussurro di mercanti che promettono immortalità e potere in cambio della resa di ogni responsabilità? Le domande sono talmente grandi da risultare ovvie, ma è rischioso eluderle, in ogni epoca. E allora osiamo comparare la complessità della parola antica alla sintesi di quella scritta e parlata oggi, avviciniamo storie e figure del poema a cronache e personaggi del presente. La musica assume il ruolo di un terzo attore, attraversando la ricca lingua del testo mitico con sonorità antiche e contemporanee assolvendo il compito, insieme alla luce, di suggerire all'immaginazione luoghi e sensazioni.
E il nostro possibile, futuro giardino dell'Eden ritrovato - quel paradiso dentro di sé a cui allude Milton ormai cieco - forse è qui, nel dubbio, nella ricerca di un linguaggio autentico attraverso il teatro, nell'inversione delle abitudini, nella sospensione del giudizio, nell'apertura alla fiducia. Un passo.
Mai come ora l'arte può aiutarci a superare la paura, a comprendere la storia e gli altri, a costruire un'alternativa alla perdita della speranza.
foto Silvia Varrani