DUE REGINE
Elizabeth Tudor vs. Mary Stuart
da un'idea e dal testo omonimo di Elena Bucci
elaborazione drammaturgica, regia e interpretazione Elena Bucci e Chiara Muti
luci Vincent Longuemare - drammaturgia del suono Raffaele Bassetti - costumi Marta Benini, Manuela Monti - consulenza al trucco e parrucco Bruna Calvaresi - collaborazione all'allestimento Nicoletta Fabbri
produzione Le belle bandiere
in collaborazione con Teatro di Napoli - Teatro Nazionale e Fondazione Campania dei Festival - Campania Teatro Festival
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi
un ringraziamento a Gerardo Guccini che per primo ha intravisto le Due Regine, a Mario Giorgi per la collaborazione alla drammaturgia, ad Andrea Agostini per i contributi musicali e ad Andrea de Luca per la voce registrata
debutto: 24 e 25 giugno 2022, Teatro Grande di Pompei, Pompeii Theatrum Mundi
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(a cura di Elena Bucci)
Tra i molti fantasmi che abitano le
rovine di Pompei, prendono vita le ombre di Mary Stuart ed Elizabeth
Tudor, allevate per comandare, abili nelle lingue, colte, amanti
delle arti, della poesia e della danza, incatenate l’una all’altra
in un eterno duello per la corona: due regine, due donne, due
religioni, due temperamenti opposti, due segni zodiacali in
contrasto, due visioni della politica, della vita, dell’amore.
Vivono in un tempo nel quale le donne sono considerate da tutti
inferiori, anche quando il destino le incorona: possono essere
innalzate e perdute in un attimo. La vita dell’una significa la
morte dell’altra: pur di vincere si ricorre alla guerra e
all’intrigo, viene sacrificato ogni sussulto di pietà. Ci
immergiamo in un’epoca ricca di scrittori e artisti, da Shakespeare
a Marlowe, ma dove la vita è breve, insopportabile il fetore dei
castelli, potenti i conflitti, frequenti le guerre, imprevedibili i
tradimenti, violenta la peste, implacabile la sete di ricchezza e
potere, enorme la distanza tra lo sfarzo chiassoso dei potenti e la
sommersa vita delle altre classi, sorprendenti le ascese e le cadute.
Ragazze innocenti come Jane Grey possono essere forzate a salire sul
trono e poi morire decapitate a sedici anni senza colpa alcuna,
abbandonate da tutti. Mary, cattolica, fu incoronata da bambina ed
ebbe molte dolcezze dalla vita, ma perse il suo regno e diventò
prigioniera di Elizabeth. Lei, a sua volta, dichiarata bastarda a tre
anni quando sua madre fu decapitata da Enrico VIII perché incapace
di dargli un figlio maschio, diventò regina e capo della nuova
chiesa anglicana. Volle essere libera, non volle sposarsi, non ebbe
figli, mentre Mary ebbe un figlio che non l’amò, ma che divenne il
successore di Elizabeth, quel Giacomo VI che unì i due regni di
Inghilterra e Scozia.
Elizabeth, eccentrica e accorta,
domandava: “Mary è più alta di me? Quanto? Più bella?” Mary,
appassionata e incauta, altissima e affascinante, le mandava regali
fatti con le sue mani e cospirava contro di lei. “Specchio specchio
delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. Anche nelle più
antiche fiabe la regina deve essere una sola, idolatrata e temuta.
Elizabeth sa bene che dovrebbe giustiziare Mary, ma esita. Perché?
In vita non si incontrarono mai, ma nel
silenzio ombroso dell’Abbazia di Westminster le loro enigmatiche
effigi in marmo sono vicine, come le loro tombe.
È qui che le immaginiamo, finalmente
libere di parlarsi come mai hanno fatto prima, sole nello spazio del
teatro antico, in scena come sempre lo sono state in vita, eppure in
modo diverso rivelate. Scoprono quanto sono state vicine, vittime di
un sistema di poteri e di follie che le ha incatenate ad un ruolo
contro la loro volontà, ormai deviata dai mille obblighi e rischi
del loro scosceso percorso. Tra loro ci sono ancora l’ombra di un
trono, il fantasma di una corona, svuotati del loro fosco potere.
Fantasticano di come la storia, che ancora si ripete con il suo
strascico di insensate violenze, con il suo corredo di sprechi, di
crudeltà e di soprusi, possa finalmente mutare, magari accogliendo
uno sguardo femminile ancora troppo spesso ignorato. Mentre stiamo
vivendo una crisi mai esistita prima, ubriachi della nostra apparente
potenza capace di irrimediabili distruzioni, volgiamo lo sguardo
indietro per rivivere una storia affascinante e violenta, densa di
contraddizioni e di domande che arrivano fino al presente. La natura
femminile, ancora lungi dall’essere percepita come alterità dai
pari diritti, viene spesso o adorata o distrutta, o idolatrata o
ignorata, comunque isolata, indotta ad una continua lotta con se
stessa nell’ingannevole girandola della competizione. Nonostante
gli enormi passi della scienza ci ritroviamo ancora schiavi del
potere, della ricchezza, della bulimia di ogni bene materiale, delle
tirannie, del desiderio di sopraffazione. Forse il teatro e le arti
possono aiutarci a guardare, a comprendere, a fermarci, a dire no?
(a cura di
Elena Bucci e ufficio stampa Campania Teatro Festival)
Due attrici e registe interpretano le regine Mary Stuart ed Elizabeth Tudor, incatenate l’una all’altra in un eterno duello: due regine, due donne, due religioni, due temperamenti opposti, due segni zodiacali in contrasto, due visioni della politica, della vita, dell’amore. La vita dell’una significa la morte dell’altra: pur di vincere si ricorre alla guerra e all’intrigo, viene sacrificato ogni sussulto di pietà. Ai documenti si affianca una drammaturgia dove si intrecciano improvvise apparizioni di fantasmi tra le magiche rovine di Pompei, autobiografia, sogno, racconto.
(nota storica - a cura di Elena Bucci e Mario Giorgi)
Due regine, due donne, due diverse religioni, due temperamenti opposti, due segni zodiacali in contrasto, due visioni della politica, della vita, dell’amore, due destini: la sfida tra queste due donne ha intrigato e affascinato drammaturghi, scrittori, studiosi e ogni tipo di pubblico.
Si tratta di un duello all’ultimo sangue: la vita dell’una significa la morte dell’altra. In questo stridente contrasto viene sacrificato ogni sussulto di pietà, ogni possibile misericordia.
Una contro l’altra, ognuna con le proprie armi, per sempre, nel corso della storia, si fronteggiano, continuando a combattere nei racconti e nelle opere a loro ispirate, suscitando il favore o il biasimo delle generazioni che si avvicendano. Nonostante la storia decreti apparentemente la vittoria di una sull’altra, non si può dire altrettanto per quanto riguarda il sentire. Pur essendo realmente vissute emanano il fascino di creature mitiche che incarnano opposti desideri e visioni, aspirando, senza tregua, al medesimo potere.
Mary Stuart, regina di Scozia, da molti giudicata la più bella d'Europa, era alta quasi un metro e ottanta (in un'epoca in cui anche un uomo di quella statura era considerato un gigante). Francese di cultura e di temperamento, si sposò tre volte e fu al centro di un'interminabile serie di intrighi, senza tuttavia maturare un autentico discernimento politico.
Elizabeth Tudor, regina d'Inghilterra, aveva un fascino magnetico, una personalità ammaliante, grandi doti di intelligenza e sensibilità (suonatrice e danzatrice sopraffina). Divenne con il tempo emaciata e fragile, ma - nonostante la si considerasse «una donna molto strana» - non rinunciò mai alla vanità femminile. Rimase nubile, per la disperazione della sua corte, ma regnò a lungo, con ammirevole sagacia politica.
La nonna paterna di Mary e il padre di Elizabeth erano fratelli.
Quando Mary chiese ospitalità e protezione alla cugina, aveva ventisei anni. Elizabeth, di nove anni più anziana, le accordò di rifugiarsi in terra d'Inghilterra. Quasi venti anni dopo, pur con molte esitazioni, Elizabeth firmò il decreto che condannava a morte la cugina. Di lì a pochi mesi, l’8 febbraio 1587, Mary Stuart fu giustiziata.
In quei due decenni si consumò la tragedia che ha ispirato poeti e musicisti. In quei due decenni (che costituiscono, tra l'altro, due terzi della vita adulta di Mary Stuart) le due regine cugine si fronteggiarono a distanza, investite dall'inusitato ruolo di non essere regnanti consorti o reggenti ma di rappresentare direttamente le aspirazioni delle fazioni contrapposte (in primis, cattolici contro protestanti), con il pericolo sempre incombente del coinvolgimento delle potenze continentali. Né il rango né la parentela, che pure contribuirono a prolungare il regale duello, senza d'altronde che mai una sola volta le due donne s'incontrassero di persona, impedirono che si giungesse alla soluzione estrema.
L'esecuzione di Mary, però, fu solo il primo atto. Ciò che più di tutto le aveva messe una contro l'altra, infatti, era la questione della successione al trono d'Inghilterra. Il secondo atto, quello conclusivo, sciolse appunto il nodo inestricabile che aveva tenuto in ostaggio le due regine, una fisicamente l'altra moralmente: alla morte di Elizabeth (1603) salì al trono il figlio di Mary, James Stuart, che per primo unificò le corone di Inghilterra e di Scozia. Separate per tutta la vita da pubblici avvenimenti e da privati sentimenti, si ritrovarono congiunte in una sorta di postuma maternità, genitrici di quel che poi diventò il Regno di Gran Bretagna e infine il Regno Unito.
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