FRANCESCO FOGLIA SACERDOTE

tratto dal libro “Una storia nella Storia e altre storie” di Chiara Sasso e Massimo Molinero

drammaturgia Marco Alotto e Marco Sgrosso

interprete Marco Alotto
fisarmonica Maurizio Pala
regia Marco Sgrosso
luci e fonica Massimo Vesco
assistente alla regia Oliviero Alotto

debutto: 12 agosto 2001, spiazzo Casa Italo Francese, valico del Moncenisio, Susa (TO)
per il festival “Il linguaggio della montagna” organizzato da Onda Teatro
Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comunità Montana bassa valle Susa, A.C.T.I.
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Una storia di confini, sia geografici che esistenziali.
Una storia che nasce al Moncenisio e si sviluppa tra Italia, Francia, Germania, Brasile, ancora Germania.
Una storia che traccia il percorso di un sacerdote che è stato partigiano e deportato.
Sullo sfondo della Valle di Susa la figura di don Foglia prende vita, e altre storie, epoche, luoghi emergono da un passato «presente» da non dimenticare.
Un unico attore va alla ricerca dei vari brandelli di storia del sacerdote... cerca di ricucirli: come una veste.
Ricostruisce la figura di Francesco, quella figura che lui - per tutta la vita - aveva cercato di disperdere dopo averla portata - come un Vangelo - in giro per il mondo.
Alla ricerca delle tracce di chi non voleva lasciare tracce.
... tutte quelle prediche, tutte quelle lettere, quelle cartoline... a chi vuoi che interessino... non voglio lasciare ingombri dietro di me, sono solo fastidi...
Francesco Foglia nasce a Novalesa nel 1912, viene espulso dal Seminario di Susa, per «indisciplina», continua gli studi a St Jean de Maurienne, diventa sacerdote francese.
Scoppia la guerra.
Rientrato in Italia si arruola come cappellano militare con gli alpini in Montenegro.
L’8 settembre entra subito in contatto con il primo gruppo partigiano della Valle di Susa.
Partecipa al sabotaggio del ponte dell’Arnodera. Viene soprannominato don Dinamite.
Arrestato e spedito prima a Mauthausen e poi a Dachau, fino alla liberazione.
Dopo la guerra, torna in Italia ed è priore del Moncensio.
Considerato amico dei comunisti è mal visto da una parte del clero.
Davanti alla porta della parrocchia qualcuno depone una bomba, residuato bellico: i due nipotini in vacanza con lui trovano l’ordigno e la morte. Francesco è sconvolto.
Parte per il Brasile, dove condivide la sorte dei campesinos senza risparmiarsi.
Dopo vent’anni, per motivi di salute, torna in valle di Susa ma non riesce più ad inserirsi.
Decide di partire per la Germania, va a vivere a 30 chilometri da Dachau e prende la cittadinanza tedesca.
Rimarrà in Germania fino alla morte.
Nel testamento scrive: voglio essere sepolto in Germania...