HEROIDES
lettere di eroine del mito dall’antichità al presente
da "Heroides" di Ovidio e da improvvisazioni e scritture sceniche
elaborazione drammaturgica e regia Elena Bucci
con Giorgia Cocozza, Angela De Gaetano / Barbara Petti, Alessandra De Luca, Emanuela Pisicchio / Elisa Morciano, Maria Rosaria Ponzetta, Andjelka Vulić
collaborazione alla drammaturgia Marco Sgrosso - musiche originali dal vivo Giorgio Distante - disegno luci Loredana Oddone - elaborazione del suono Franco Naddei - costumi Enzo Toma - assistente all'allestimento Nicoletta Fabbri - tecnici di compagnia Alessandro Cardinale e Mario Daniele
produzione Teatro Koreja in collaborazione con Le belle bandiere
debutto: 1° agosto 2019, Cantieri Teatrali Koreja, Lecce
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Pensando a questo tempo turbolento, alla molteplice e viva realtà di Koreja e a questo gruppo di sei attrici creative e autentiche, tutte guidate da un forte spirito di collaborazione e ascolto, ma anche tutte molto diverse tra loro, ho pensato ad un’opera strana e avvincente di Ovidio, nella quale potessimo immergerci con curiosità e libertà, misurandoci con quello sguardo verso il passato che ispira e illumina il presente nei momenti di cambiamento e trasformazione, sia che si tratti di un passato biografico che della cultura e della storia dell’umanità.
Ovidio immagina le eroine del mito intente a scrivere una lettera ai loro uomini, narrando di amore, abbandoni, tradimenti. Per la prima volta nella storia della letteratura siamo di fronte ad un romanzo epistolare dove le donne indirizzano il loro messaggio al silenzio e all’assenza dell’altro. La voce del poeta si intreccia alla loro per raccontare l’intero mito, ma anche per rivolgere una luce speciale e spesso ironica sul destino delle donne, sulle loro ingiuste sofferenze, sulle loro qualità spesso ignorate, disilluse, sprecate. Lo fa con l’ironia dell’intelligenza e della creazione, la stessa che ha sorretto molte donne nel loro cammino, la stessa che fa degli artisti creature senza sesso e identità, votate a creare e a reinterpretare le storie e i personaggi più diversi senza giudicare, ma cercando di comprendere. Seguendo il luminoso esempio di Ovidio che si fa medium di un coro spesso ammutolito dalla storia, diamo voce e corpo ad alcune eroine del mito, più o meno famose come Fillide, Enone, Arianna, Canace, Fedra e Medea, ma non solo. Lo spumeggiante gruppo di spose vestito dalla sapienza di Enzo Toma si è moltiplicato. Si sono fatte largo, tra un’improvvisazione e una rilettura dei testi del mito e delle tragedie, le Donne del coro: assomigliano molto alle donne che ci sono rimaste impresse dall’infanzia, quelle che ci hanno trasmesso i canti, le ninne nanne, quelle che ci hanno raccontato a modo loro il mondo. Sono ironiche e tragiche allo stesso tempo, proprio come è la vita, sono le nutrici, le corifee, le amiche, le sorelle, le madri, le nonne, le zie e commentano, partecipano, cadono in contraddizione, giudicano, si ricredono, si commuovono, cambiano.
Si trasformano a tratti e a sorpresa nelle donne del presente che, evocate da canzoni d’amore interpretate da artiste straordinarie, guardano con gli occhi di ora i destini delle eroine e delle donne, famose e non famose. Assommano in sé tratti delle attrici, ma anche di donne delle quali hanno sentito o letto le storie. Rivivono attraverso ricordi, emozioni, gesti e parole la complessa relazione con il mondo maschile e raccontano di uomini che, di fronte alle rivoluzioni del loro ruolo, rispondono a volte con apertura e voglia di cambiare, a volte con indifferenza, a volte con violenza.
Abbiamo voluto che, pur dirette e guidate, le attrici si misurassero anche con il lavoro di autrici, affrontando la riscrittura del testo di Ovidio e una serie di proposte di improvvisazione e creazione. Abbiamo realizzato così una drammaturgia a più strati, dove i linguaggi si mescolano e si arricchiscono l’un l’altro passando dal dialetto all’italiano, da lingue straniere dal suono affascinante all’universale linguaggio del corpo e dei suoni.
Trattandosi di un’opera in musica, abbiamo ritrovato canti antichi che risvegliassero la sensazione del legame con la terra dove si nasce per allargare poi lo sguardo al mondo intero e abbiamo intrecciato le parole e le azioni alle musiche del poliedrico e generoso Giorgio Distante, che, unico uomo in scena, sempre in ascolto, è diventato profondamente partecipe alla creazione.
Immergendoci in un viaggio nel tempo e nello spazio verso la tragedia antica e il mito, passando attraverso i documenti, le statue, i dipinti, i suoni, i personaggi, le storie, abbiamo cercato di riportare al presente quei frammenti che potessero diventare memoria di tutti e individuando diverse vie per trasformare il dolore in sorriso, per farne nutrimento di una visione nuova, dove la lotta per la sopraffazione tra i sessi sia solo un ricordo del quale prendersi gioco con sollievo, una sciocca fase di arresto del cammino dell’umanità. Le donne, riprendendo la loro voce, dialogano anche con lo stesso poeta Ovidio e con quegli antenati che costruirono miracoli di arte e cultura praticando l’orrore della schiavitù. Ci aiuta, con la sua geniale e affettuosa ironia, una grande artista come Virginia Woolf con il suo “Una stanza tutta per sé”. Uomini e donne si ritrovano grazie alla magica pozione della poesia e dell’arte. Le donne, attraverso la loro fragilità diventano testimoni della fragilità e della povertà di tanti altri, uomini, donne, bambini, senza distinzione di sesso e di età. Cerchiamo di sentirci parte di una sola famiglia, buffa, criminale, sorprendente, affascinante, incamminata verso un futuro luminoso.
foto Ilenia Tesoro