IL BANCHETTO OFFESO

il cibo che nutre, il cibo che uccide

di e con Elena Bucci

al pianoforte e violino Dimitri Sillato - suono Raffaele Bassetti - luci Loredana Oddone - scene Elena Bucci, Giovanni Macis, Loredana Oddone - macchinismo Giovanni Macis - costumi Nomadea con la collaborazione di Marta Benini

Le belle bandiere in collaborazione con Fondazione del Monte con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi

27 maggio 2015 - Oratorio di San Filippo Neri, Bologna
all’interno del progetto "Di Piazza in Piazza, Bologna, Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini. Viaggio nella cultura alimentare"
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La parola cibo evoca una ricchezza infinita di immagini, concrete e simboliche, che partendo dalla necessità del nutrimento, fisico e spirituale, si estendono in ogni direzione manifestando la persistenza di un’impressionante varietà di usanze e tradizioni che ci parlano attraverso la quotidiana ripetizione dell’atto del mangiare: ecco le culture più antiche e le loro declinazioni contemporanee, le coltivazioni e le loro mutazioni, il piacere delle trasformazioni attraverso le ricette, i riti di condivisione, i luoghi, i piatti tipici, le cucine di ogni parte del mondo, le varietà vegetali ed animali, ecco i ricordi legati alle persone che ci hanno trasmesso attraverso il cibo affetto e cura, ecco le perdite e le scoperte. La parola cibo, per chi vive nella parte del mondo più ricca e fortunata e forse più rapace, evoca anche, negli ultimi tempi, immagini di malattia, squilibrio, sproporzione, crudeltà. Il bisogno avido di consumare, produrre e vendere sempre di più ha avviato alcuni a grandi guadagni e speculazioni, ha spinto altri a distorcere le funzioni della pubblicità, dei giornali, delle immagini e anche di importanti strumenti della cultura, fino ad arrivare a scollegare il concetto di nutrimento dall’idea di necessità e relativa sazietà per spingerlo sempre di più verso l’idea di un piacere ininterrotto che può confortare ogni dolore e ogni contrarietà, deformando le antiche e scaramantiche vicinanze e antitesi tra cibo e morte e trasformandoci in disorientati Pantagruel.
Le colture vengono piegate a trasformazioni genetiche spesso incontrollate per arrivare a grandi produzioni, vengono impoveriti interi continenti a favore di altri, immensi raccolti vengono adulterati o distrutti per mantenere sano il mercato mentre parte del mondo si sta ammalando di fame e l’altra metà lotta contro l’obesità e le nuove malattie legate all’abuso di cibo. Appena risvegliati dall’incubo, molti stanno ora correndo ai ripari, curando, medicando, recuperando, rinnovando, riflettendo.
Approfitto del lavoro di studiosi della cultura e dell’alimentazione per cogliere quanto questi segni di squilibrio che riteniamo contemporanei si siano invece manifestati in altri tempi e in altre epoche, ma certamente con una minore incidenza sulla vita e sull’equilibrio del pianeta.
Mi lascio affascinare dalle indagini intorno all’anoressia delle sante canonizzate dalla Chiesa cattolica a partire dal 1200 come modalità estrema di reazione alle costrizioni e di spinta verso destini nuovi.
Cerco nella letteratura le affascinanti tracce che lasciano nella poesia e nella prosa le forze evocative del cibo e della sua mancanza, dalla mitica e quasi impronunciabile proustiana ‘madeleine’ all’affastellamento di nomi propri di cibo spazzatura di alcuni autori contemporanei.
Potrei andare avanti a lungo, ma non essendo una studiosa del settore né una storica né tantomeno un medico, vorrei analizzare questo tema che mi sta tanto a cuore, quello del cibo che nutre e uccide, attraverso la storia di una bambina, ragazza, donna immaginaria che raccoglie in sé tante mie osservazioni di vite vere. Lei si incontra e scontra fin da piccola con il fascino e i pericoli naturali e culturali del cibo e con la cultura ossessiva del cosiddetto benessere economico. Se mangia sarà buona, se non mangia, cattiva. Nei sentieri di buio e luce dell’adolescenza alla scoperta della sua essenza e del suo rapporto con il mondo esterno si confronta anche con le immagini della pubblicità e della moda e con le bugie di una cultura sempre mutevole che afferma ogni volta di essere quella vera. Se sarà grassa sarà cattiva, se sarà magra buona, ma se non compra il cibo sarà cattiva, se lo compra, buona.
Ecco che, attraverso i suoi diari, entriamo nel mistero dell’anoressia e della bulimia, malattie conclamate quando erano ormai molto diffuse che testimoniano di un malessere individuale che è anche riflesso di una malattia globale, di un’anoressia e bulimia che coinvolgono economia, politica, cultura, società e riguardano tutto il mondo e i suoi equilibri. Il meraviglioso banchetto offerto dalla natura del pianeta è offeso dalla manipolazione. Il diario di Irene, che si ferma quando lei pare trovare una forma di guarigione e consapevolezza diventando una singolare e spiritosa cuoca per cibi del corpo e dell’anima, narra certo di vita quotidiana e di relazioni individuali, ma passa anche attraverso la raccolta di numeri, cifre, analisi economiche, raccolta di immagini, sintesi di studi medici, antropologici e culturali filtrati dalla sua voce e dalla necessità della sua ricerca verso la porta d’uscita dall’inferno...
Questa storia raccoglie in un'unica tessitura figure, personaggi, racconti che ho incontrato e raccolto dedicandomi a questo tema, sia prendendo ispirazione in testi esistenti, film e saggi che dal repertorio delle mie osservazioni e dei miei appunti, pratica di scrittura che ho cominciato come allenamento e che è diventata un piacere e una necessità. Si mescolano verità e invenzione in un caleidoscopio di figure, cuochi, cuoche, zie, nonni e avi, l’uccisione dei conigli e dei maiali nell’aia della mia infanzia, il senso della caccia, le feste e i riti e il loro corredo di orrori e meraviglie del cibo e del bere, personaggi singolari dediti al piacere della ricerca in cucina, studiosi della povertà, diete singolari di artisti e futuristi, i dettami dei libri di cucina, le ossessioni dell’apparire e del piacere, la tensione tra equilibrio e rottura delle convenzioni, la cucina globale che mescola pietanze e abitudini lontanissime e in ogni parte del mondo…potrei continuare ancora, se non ci fosse la serata del 27 a mettere un punto a questo viaggio che di certo non finisce qui.
Il diario di viaggio si intreccia al pianoforte e al violino di Dimitri Sillato, ai suoni elettronici di Raffaele Bassetti, alle luci di Loredana Oddone e alle azioni di Giovanni Macis. Tutti proviamo a trasformare in ballata contemporanea questi frammenti di vita, buio e luce che ruotano intorno al mistero dell’identità e della coincidenza di ciò che nutre e di ciò che uccide.