JUANA DE LA CRUZ

o le insidie della fede
testo, messa in scena e interpretazione Elena Bucci

musiche originali di Andrea Agostini eseguite dal vivo al pianoforte e tastiere
suono Raffaele Bassetti - disegno luci Maurizio Viani, Max Mugnai - lampade Claudio Ballestracci, Alessandro Ricci - costumi Marta Benini con la consulenza di Ursula Patzak - consulenza alle traduzioni Mariana Eugenia Califano

produzione Le belle bandiere, Ravenna Festival, Centro Teatrale Bresciano
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi

debutto: 4 luglio 2008 - Rocca Brancaleone, Ravenna
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Non so ancora perché mi ispiri tanto costruire spettacoli intorno a persone vissute davvero. Forse le vedo come guida ed esempio, forse sono vittima della curiosità che mi innamora dei documenti e della storia, forse è un’ennesima via per eludere la morte e il passare del tempo.
Non conoscevo Juana de la Cruz, tanto “famosa” in Messico da comparire sulle banconote da 200 pesetas, e ne sono rimasta subito affascinata. Così mi ha colpito l’intensa biografia scritta da Octavio Paz, che insegue fino al diciassettesimo secolo le tracce di un oscuro destino di sopraffazione della libertà individuale che segna il suo paese, per farne un grido d’allarme per ogni luogo e ogni epoca. Quando ho cominciato ad addentrarmi nell’opera letteraria di Juana, vi ho sentito vibrare un’intelligenza libera e multiforme e la capacità di piegare le convenzioni della sua epoca ad un’ispirazione personale ed originale, qualità che mi hanno ancora più convinta a costruire un testo a partire dalle domande che avrei voluto farle e che non trovavano risposta nei poemi, nelle opere teatrali, nelle poesie. Parte di queste risposte sono certo nel suo ultimo atto di difesa, “La respuesta a Sor Filotea”, nella quale rivendica il diritto allo studio, conferma la sua convinzione che l’amore di Dio che si esprima nel dono del libero arbitrio, teorizza la legittimità della piena espressione delle più diverse nature e talenti. Ma nonostante l’inconsueto taglio autobiografico di questo atto pubblico, e forse proprio per questo, la mia curiosità era ancor più sollecitata.
Tutto quello che non ho colto di lei dalla sua opera, ho cercato di immaginarlo, con la necessaria parzialità che questo atto comporta, come ho arbitrariamente immaginato i personaggi chiave della sua biografia. D’altra parte, ho costellato il testo di dichiarate lacune, dietro le quali ritengo si debbano celare i misteriosi segreti che ornano ogni vita. Intorno e a causa di queste lacune ho cercato di ricostruirne l’immagine e lo straordinario messaggio che attraversa i secoli.
Ecco una suora, che fa dell’abito una maschera per rivelarsi attraverso personaggi, poesie d’amore, teatro, trattati teologici. Ecco una guerriera dal carattere gioioso e vitale e dalla riflessione malinconica che fa dell’esilio nella torre un trampolino. Mi sembrava una vita da raccontare in musica, per prendere le distanze da un’inopportuna e non degna immedesimazione e per farne una favola sulla libertà del pensiero.
Ho chiesto così la collaborazione di un compositore, Andrea Agostini. Lavorando insieme, confondendo i ruoli e facendo tesoro della pratica dell’improvvisazione, ho cominciato a scivolare dal parlato al canto, pur non essendo una cantante, perché mi sembrava una via per interpretarne gioia, spirito, passione per la sfida, curiosità e grazia nel trasformare gli ostacoli in creazione.
Abbiamo quindi composto canzoni che ci ricordassero, con ironia e nostalgia, altre epoche di “lotta per la libertà”. Andrea le ha poi miscelate con sonorità elettroniche che le avvicinassero al presente.
Volevo ricordare, prima di tutto a me stessa, che ogni epoca ha avuto i suoi pregiudizi e le sue catene, come ha avuto i suoi eroi e i suoi atti di coraggio, e che nessuna crisi culturale o economica ci può esimere dal volere guardare e riguardare quello che siamo e quello che potremmo essere.
Juana, con le sue inquiete e tormentate battaglie in nome della libertà, se mi conferma l’inevitabile sconfitta delle rivoluzioni individuali, me ne prova anche la necessità dolorosa e allegra, unica eredità da lasciare al futuro.
Volo e caduta.
(EB)
 
«Chi fu Juana Ramírez, Suor Juana de la Cruz, vissuta in Messico dal 1648 al 1695?
Fu... la prima femminista d’America... con riserva... nel suo secolo non esistevano né la parola né il concetto. Ma è indubbio che la coscienza della propria condizione di donna fosse indissolubile dalla sua vita e dalla sua opera: bambina, pensò di travestirsi da uomo per frequentare l’Università; ragazza, decise di prendere il velo per dedicarsi allo studio; adulta, ribadisce che l’intelligenza non ha sesso; chiede l’istruzione universale per le donne, impartita da anziane letterate nelle case o in istituzioni create a questo scopo.
Quando manifestò i suoi intenti agli alti prelati, furono scambiati per superbia e ribellione. La conclusione fu la consegna della sua biblioteca, furono le notti trascorse non più nello studio, ma nella penitenza con i flagelli.
... Tra suor Juana e il suo mondo c’era una contraddizione insanabile... come tra la sua vocazione letteraria e la sua condizione religiosa... la sua straordinaria passione intellettuale e la sua curiosità coincidevano con un momento di immobilità della Chiesa e della cultura ispanica... Era una donna – di più: una monaca. Provocava meraviglia e scandalo. La chiamarono “Decima Musa”, “Fenice d’America”... Juana aveva trasformato l’inferiorità attribuita alle donne nel campo intellettuale in motivo di pubblico plauso... lei, che vuole penetrare, con la luce della propria ragione, l’oscuro mistero delle cose... andare avanti avrebbe significato negare il mondo e adottare altri principi: quelli della nascente modernità... allo stesso modo in cui gli scontenti e i rivoltosi non avevano uno spazio politico in cui esprimersi, neppure suor Juana avrebbe avuto la possibilità di esporre quei nuovi punti di vista… La risposta immediata sarebbe stata l’Inquisizione.
... Le lotte e la fine di Juana sono un capitolo impressionante nella storia degli scontri tra libertà intellettuale e potere, intelligenza individuale e burocrazie ideologiche.
La fine deplorevole di suor Juana non dà un senso diverso alla sua opera, come avrebbero voluto i suoi censori. Al contrario, la sua sconfitta acquista, grazie all’opera, un significato diverso: la illumina... Vediamo l’aspirazione verso l’alto e l’attrazione dell’abisso... Immagini sequenziali della libertà: il volo e il precipitare, la trasgressione e il castigo. Salire e cadere si intersecano in un punto magnetico dello spazio e in quell’istante tracciano lo stesso geroglifico.
Solo ora, alla fine di questo secolo che ha conosciuto persecuzioni ideologiche di portata superiore a quella subita da suor Juana, possiamo comprenderne la vita e il sacrificio. Comprendere è qualcosa di più che intendere: significa abbracciare, nel senso fisico e spirituale.»
(Octavio Paz, "Suor Juana o le insidie della fede")
 
Ringrazio Octavio Paz per la sua opera ‘Suor Juana o le insidie della fede’, riferimento fondamentale e materiale di ispirazione per tutte le fantasticherie su di lei, Cristina Mazzavillani Muti e Franco Masotti per il sostegno e Valerio Berardi per il suggerimento. Ringrazio il Teatro Comunale di Russi per la disponibilità nel corso delle prove. 

 
 
 
foto Maurizio Montanari