LA PAZZIA DI ISABELLA

vita e morte dei Comici Gelosi
testo, interpretazione e regia Elena Bucci e Marco Sgrosso

consulenza alla drammaturgia Gerardo Guccini - luci e scene Nomadea - maschere Stefano Perocco di Meduna - tecnico luci e suono Roberto Passuti

Le belle bandiere in collaborazione con Centro di Promozione Teatrale La Soffitta dell'Università degli Studi di Bologna (progetto "L'arte dei comici. Invenzioni e pratiche di un teatro multimediale" a cura di Gerardo Guccini)

debutto: 15 giugno 2004, Laboratori DMS, Bologna
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«… durò quella famosa e non mai a bastanza lodata compagnia de i Comici Gelosi molti e molti anni, mostrando ai comici venturi il vero modo di componere e recitar Comedie, Tragicomedie, Tragedie, Pastorali… Finito che fu quel termine, e venuto meno il vivere d'Isabella mia dilettissima Consorte... fui da molti amici consigliato a scrivere… per lasciare qualche memoria di me e per seguitare l'onorato grido della moglie mia… » (Francesco Andreini)

Quando Gerardo Guccini ci ha rivolto l'invito a creare questo spettacolo, abbiamo accolto la proposta con un grande entusiasmo ma anche con una punta di profondo timore.
L'idea di "rievocare" sulle tavole di un palcoscenico due personaggi mitici nella storia del teatro come Isabella e Francesco Andreini ci è parsa un'occasione importante e addirittura necessaria per riflettere sulle radici stesse dell'arte dell'attore, sul senso più profondo della nostra professione, sul fascino e sulla forza misteriosi di un 'mestiere' che riesce a tramandarsi nei secoli nonostante il suo carattere effimero.
Pure, le notizie biografiche su Isabella e Francesco sono poche e scarne, ed è difficile ricostruire e capire cosa e come recitassero, nonostante l'ampia mole di scritti tramandataci dal meticoloso lavoro di raccolta di Francesco dopo l'improvvisa e prematura morte della moglie a Lione durante il viaggio di ritorno da una tournée in Francia.
La descrizione entusiasticamente ammirata dei testimoni della famosa "Pazzia di Isabella" - assai più delle Lettere, delle Rime e delle Commedie di cui ella fu autrice - ci consentono uno squarcio di immaginazione sulla forza scenica quasi ipnotica di questa attrice "cittadina del mondo" che – antesignana di Eleonora Duse - seppe essere innovativa e rivoluzionaria, pur nel pieno rispetto della grande tradizione degli Attori dell'Arte del suo tempo.
La raccolta delle oltre cento "Bravure" del Capitano Spavento di Vall'Inferna ci offrono uno stimolo per immaginare lo stile irresistibile e trascinante di un attore che al ruolo 'nobile' dell'Innamorato preferì un personaggio rodomontico ed ingombrante, in fascinoso contrasto con il toccante ritratto umano che ci restituisce la sua volontà di eternazione della memoria dopo la scomparsa di Isabella.
Così, accanto alla tanto decantata perizia di attori - in un tempo in cui sottile era il confine tra artista e ciarlatano e i 'commedianti' ancora lottavano per ottenere un pieno riconoscimento della loro posizione nella società - quello che forse più ci affascina degli Andreini è il senso profondamente metateatrale del loro operare, la geniale strategia familiare attuata per edificare la persona dell'attore come qualcosa di diverso dal personaggio, allo scopo di ottenere quella stima e quel rispetto sociale dovuti ad una categoria di Artisti.
Il vero sforzo di Isabella non è tanto quello di conseguire un trionfo scenico al quale sembra destinata da un talento naturale, quanto quello di oscurare l'aspetto 'meretricio' della professione di attrice attraverso la costruzione di una immagine pubblica "virtuosa ed onorata" - sposa e madre esemplare, dotta letterata e celebrata poetessa accademica, donna degna dell'amicizia e della stima dei nobili e dei potenti - e di superare così il limite dell'effimero teatrale per conquistare gloria e fama imperiture 

«… di tentar fama io mai non sarò stanca perché il mio nome invido oblìo non copra…»

E se da un lato è difficile ricostruire i gesti, ritrovare le parole, rivedere concretamente lo stile e i modi, dall'altro diventa affascinante immaginare che dai fiumi di inchiostro scritti dagli Andreini e sugli Andreini, riappaiano le loro ombre, le loro sagome, in maschera o a volto nudo, per raccontarci ancora la loro storia, la fortunosa vita e le passioni, i viaggi trionfali e faticosi di un'epoca d'oro del Teatro, e per ricordarci che

«i morti son quelli che fan parlare i vivi…»


foto Tommaso Le Pera
 
foto Piero Casadei


 
foto Claudio Simeone