LE MIE FOTOGRAFIE DEL CINEMA
Ho cercato fotografie del cinema
Ramenghi di Bagnacavallo ma non le ho trovate. Mio babbo le ha, ma non
ha voluto cercarle. A lui non piace rimestare nel passato, forse perché
ci pensa già abbastanza. Io invece sono fissata.
Allora ho provato a vedere se nella mia memoria c’erano fotografie che potessi raccontare.
Subito ho visto il manifesto che stava appeso nell’ingresso: LA CINA È
VICINA e ogni volta che lo vedevo cercavo di immaginarmi il film, che
strano film doveva essere.
Il salottino era davvero bellino, con la
sua vetrata, il tavolino e le poltrone marroni, le stesse che stanno ora
a casa mia a Fossolo. C’erano anche delle piante.
Molti pezzi del cinema stanno nella mia casa, che mio babbo ha ristrutturato per me.
Lui non ha mai voluto buttare via niente e così parte del cinema vive
ancora nella casa dove ci ritroviamo a studiare, a fare le prove, a
mangiare, a vivere. È giusto.
C’è il telaio di una finestra che non
chiude bene, non ha mai chiuso bene, e il buco nel muro per la finestra è
stato fatto proprio sulla misura di quel telaio.
Anche la porta a
vetri nel corridoio ha deciso di quanto dovesse essere abbassato il
solaio per farci stare una camera sopra. I termosifoni continuano a
scaldare, le poltrone continuano ad accogliere, non soltanto quelle
marroni, ma anche quelle verdi e quelle rosse morbide e di stoffa che
hanno sostituito quelle di legno. Ho anche quelle di legno, che sono
state la scenografia di almeno uno dei miei spettacoli e ora stanno
nell’ingresso.
Nella soffitta ho la moquette, nel casotto di legno
fuori le sedie di plastica bianca dell’Arena. Nella sala prove è montato
il riscaldamento ad aria. In cinque minuti tutto bolle. E funziona
sempre. Me la ricordo l’Arena, dentro i cespugli e gli alberi, un nido
per le persone, una gioia. E mio babbo tutto contento che gestiva il bar
e ci chiedeva di aiutarlo a coprire le sedie.
Sono circondata di
cinema. Ma né io né mio fratello riusciamo a ricordarci dove siano
andati a finire tutti i bellissimi manifesti che ho custodito per anni
in cima al mio armadio. Quando fu smantellato anche i manifesti
trovarono pace in qualche cassonetto, temo. Abbiamo sempre buttato via
le cose antiche o le abbiamo vendute per pochi soldi. La lambretta
doppio sellino di mio babbo, i mobili fatti a mano di Gigi, e chissà
quanto altro... Oppure li ritroverò, come molte altre cose, nel casotto
dietro casa. Io ci sognavo, li appendevo, li guardavo, immaginavo.
Mio babbo in casa faceva poco e niente. Era normale. Faceva tutto mia
mamma. Ma al cinema era di un ordine perfetto. Era il suo regno. Lì non
aveva paura di sbagliare. Riordinava, puliva, rinnovava. Metteva in
ordine le patatine, le liquerizie, le caramelle alla menta, il pop corn.
Spiavo nella sua macchina quei grandi sacchi che non si dovevano
toccare, erano per il cinema.
Il cinema era un luogo di
contraddizioni e misteri. L’ingresso stava sotto il portico accanto alla
chiesa. Una volta ho sbagliato porta e sono entrata in chiesa. Lì c’era
la Norina, tutta vestita di nero e con un gran petto, la moglie di
Gianstefani Vincenzo, il proiezionista di mio babbo che aveva cominciato
a 15 anni e non ha smesso fino ai 95 seguendolo perfino al mare. La
Norina cantava il rosario in mezzo alle altre donne, come una maga.
Chiusi subito e trovai la porta del cinema.
Si entrava in un bel
corridoio alto e curvo, chiaro. In fondo era l’ingresso vero. A destra
c’era una porticina con vetri. Si doveva bussare piano e chiamare
Vincenzo, che ti apriva. Lui aveva sempre la settimana enigmistica in
mano, se non lavorava. Aveva lo sguardo azzurro e intelligente. Mio
babbo ha sempre detto che come lui, nessuno.
La sua piccola casetta
incastrata tra il cinema e il corridoio mi pareva un paradiso. Lui,
diceva mio babbo, era come un orologio. Mangiava alla stessa ora sempre e
faceva sempre le stesse cose. Per questo stava così bene e campava
tanto. Nessun eccesso, ma un grande piacere a vivere ogni giorno.
Un ricordo del cinema insieme a mio babbo. Mi portò a vedere Fantasia di Walt Disney. Mi emozionai talmente che vomitai facendogli fare una gran brutta figura.
Spesso vomitavo per l’emozione, anche la mattina prima di andare a scuola.
Ricordo la sala fumosa. Mio babbo che vendeva le cose del bar. Ricordo come ci ha sempre tenuto.
Sapevo a memoria Via col vento da ragazzina, me lo aveva regalato la zia Pina.
Andai al cinema a vederlo ed ero talmente esausta per l’emozione che mi addormentai. Altra brutta figura.
Mio babbo fece anche fare un palco. Ci facemmo le prove di Mondo di carta, il primo spettacolo con Vetrano e Randisi. E di certo anche qualcos’altro.
A volte, quando presi la patente, andavo a Bologna a prendere le
pellicole in una stradina vicino alla stazione. Che mondo di complici,
pensavo. Mi piaceva fingermi dei loro anche se di sale e di pellicole io
non sapevo niente.
Quando chiuse il cinema, mio babbo, si dispiacque molto.
Aveva un proiettore da 35 e lo regalò ad un gruppo di ragazzi in
Puglia, amici del mio amico Gaetano. Volevano riaprire un cinema e
volevano farlo bene.
Lui dice che non ricorda, ma non è vero.
(appunti di Elena Bucci per l'incontro di Bagnacavallo “Dialogo fra un padre matto per il cinema e una figlia con la passione del teatro”, novembre 2016)