PROVE DI GIOIA PER "L'ALBERGO DEI POVERI"

ispirato all'opera di Maksim Gor'kij
e a brevi lampi da Dante Alighieri, Osip Mandel'stam, Fernando Pessoa, William Shakespeare e altri poeti

un progetto di teatro, canto, musica e installazioni
per la trasformazione del ricordo nei luoghi della città ferita
direzione artistica Elena Bucci e Marco Sgrosso

produzione A.T.A.M. Associazione Teatrale Abruzzese Marchigiana - Le belle bandiere

L'Aquila, luglio 2012
Appunti per un laboratorio e un allestimento
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Queste giornate di studio attraverso la commistione dei linguaggi artistici del teatro, del canto, dell'azione, della musica, della parola poetica e di quella cruda del linguaggio quotidiano, assumono su di sé molte brucianti contraddizioni del momento presente.
Siamo in una piazza, in un luogo costruito per l'incontro, dal quale gli uomini sono stati esiliati a causa della distruzione improvvisa della natura. Proprio qui torniamo a praticare i linguaggi dell'arte, la abitiamo, ne ricreiamo geometrie, non con mattoni e pietre, ma soltanto con la luce e i nostri movimenti, impastando le nostre parole con il ritmo della musica dal vivo e con la proiezione sui nostri corpi di immagini che ricordano paesaggi che non sono più. Imbuti in rame, sparsi nella piazza, evocano racconti di vite individuali consegnate alla memoria attraverso la registrazione, ognuna con la sua magica soluzione contro il male, a volte fatta di ribellione, a volte di amore, a volte di piccoli gesti ripetuti che creano la tessitura lieve e serena del vivere di una comunità.
In questo luogo, in questo tempo, tutto ci parla di esilio e tutto tende a comprenderlo e trasformarlo. Tutto evoca tempeste diverse che con la loro violenza hanno stravolto vite, famiglie, comunità, persone. Esiliati sono stati gli abitanti di questa città dalla violenza della natura e dalle difficoltà della ricostruzione. Esiliati sono dal resto d'Italia che velocemente dimentica. Esiliati siamo in questo momento dall'idea di Italia alla quale credevamo, travolti da una crisi economica e civile difficile da comprendere e da affrontare.
Esiliati sono stati molti poeti dalla loro stessa follia, dalla loro ispirazione, come Merini e Campana. Esiliato fu Dante dal suo credo politico.
Esiliate sono molte persone dal loro lavoro, dal sogno ormai raggiunto di un equilibrio con sé e con la vita. Esiliato fu Re Lear con il suo fool.
Esiliati dalla miseria, dall'alcool, dalla malattia e da diversi tracolli individuali sono i personaggi de L'albergo dei poveri.
La scrittura bruciante e cruda di Gork'ij, i suoi dialoghi, i suoi temi, ci parlano della sua stessa biografia, attraversata da una rivoluzione enorme per approdare alla dittatura stalinista.
L'immaginazione ci porta all'esilio, pochi anni dopo, del poeta Mandel'stam, la cui moglie imparò a memoria i versi per tramandarli nonostante la dittatura.
Emerge una tessitura drammaturgica che, aiutata dalla musica, dalla luce, dalle installazioni, comprende brevi dialoghi da L'albergo dei poveri, violenti, spietati, che vengono messi accanto a dialoghi contemporanei di altra crudeltà, inimmaginabile dopo tanta storia, ma reali e documentati, presi dalla strada o dalla televisione.
La miseria materiale e spirituale può farci tornare in un attimo alla condizione di uomini lupi, uno contro l'altro. In questo misterioso crinale, dove il male trova le sue ragioni e il bene il suo trampolino, fiorisce come un dono l'azione poetica. E non si parla soltanto di poesia scritta o di azioni d'artista, ma anche di un modo di leggere gli eventi che è nell'animo di ogni vivente e che, come fa il vecchio Luka, può illuminare ogni attimo di solidarietà e pace, anche la morte, anche il dolore.
Esistono dei segni quasi magici che muovono la voce, il corpo, i luoghi stessi, creano gruppi e progetti: sono le parole, le immagini, le partiture che i poeti di ogni arte hanno acchiappato qua e là e che hanno composto in un disegno vivo che continua a parlarci.
Lavoreremo intorno al mistero di quei segni, ricreando un rito che trasformi il presente.
Come fare risuonare compiutamente la parola in poesia così che evochi, come in Shakespeare, lande desolate o palazzi reali invisibili o, come in Dante, visioni quasi indicibili? Dove finisce l'emozione di un dipinto o di una fotografia che riproduce un luogo caro ormai distrutto, come tradurla in grido o canto? Che ballo istintivo, poi trasformato in rito, crea la musica? Come mai la poesia autentica, pur spaventando molti, ha viaggiato attraverso i secoli come un talismano contro le onde nere del pregiudizio, della divisione, della dittatura, contro la paura dell'esilio, della morte, della distruzione? Come mescolare i gesti poetici individuali fino a comporre un formidabile coro?
Con le armi del teatro ci interroghiamo nel corso di questi giorni passati insieme. Il luogo all'aperto ci immerge ancora di più nel reale, ci costringe a trasformare anche il vento, la polvere, i rumori, gli sguardi di chi passa. Ritorniamo alla necessità di inventare nuovi riti che ci facciano ritrovare la gioia di una reazione collettiva alle tempeste e alla paura. Frammenti di testo da L'albergo dei poveri saranno contrappuntati da lampi di poesia, immagini, suoni che siano stati nel tempo speciali talismani, accogliendo la sfida di provare a miscelare i diversi linguaggi che possediamo per natura ma che spesso dimentichiamo di usare.
L'illusione che speriamo di mettere in atto è quella del misterioso arrivo nella piazza di un gruppo di esiliati, ognuno con la sua storia, il suo luogo abbandonato nel cuore e la sua volontà di ricostruire. L'allestimento apparirà semplicissimo, senza grandi apparati, ma affidato alla possibilità di fare di una luce radente uno strumento di suggestione, di una musica lontana suonata dal vivo un ricordo ancestrale.
Immaginiamo che le strade diverse di ognuno confluiscano in un unico canto e in un unico racconto, che i corpi di molti disegnino un unico pacifico esercito che si armi di poesia per affrontare il futuro, trasformando il pianto in riso e viceversa, forse per scoprire che sono in fondo la stessa cosa, le due facce immancabili dell'adorabile vita.


 
 
 
 
foto Paolo Porto