RISATE DI GIOIA
ispirato alle opere “Il teatro all’antica italiana” di Sergio Tofano detto Sto, “Antologia del grande attore” di Vito Pandolfi e “Follie del varietà” a cura di Stefano De Matteis, Martina Lombardi, Marilea Somarè e ad autobiografie, biografie, epistolari di gente di teatro
da un’idea di Elena Bucci
drammaturgia, scene, costumi,
interpretazione, regia Elena Bucci e Marco Sgrosso
drammaturgia sonora e cura del suono Raffaele Bassetti - disegno luci Max Mugnai - tecnico luci Daria Grispino - macchinista Rocco Andreacchio - assistente all’allestimento Nicoletta Fabbri - collaborazione ai costumi Marta Benini, Manuela Monti
produzione Le belle bandiere, Centro Teatrale Bresciano
in collaborazione con
Fondazione
Campania dei Festival / Campania Teatro Festival
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi
anteprima: 24 e 25 giugno 2021 - Cortile della Reggia Museo e Real Bosco di Capodimonte, Campania Teatro Festival
debutto: dal 20 al 30 ottobre 2022 - Arena del Sole, Bologna
dal 2 al 6 novembre 2022 - Teatro Sociale, Brescia
Sinossi
Come erano gli spettacoli del passato? Come risuonavano le voci? Come erano i gesti? E le prove? Quali le fatiche e il fascino del teatro di un tempo? E il pubblico? Artiste e artisti di ieri, famosi e dimenticati, girovaghi e vitali, idealisti e cialtroni, raffinati e appassionati, ci conducono per mano tra camerini e palcoscenici di Ottocento e Novecento, sfiorando le luci del varietà fino ad affacciarsi al cinema. Attraverso studi preziosi, biografie, autobiografie, lettere e memorie di gente di teatro cerchiamo le radici di un’arte che sia al centro della vita sociale, culturale e politica delle comunità.
Note di regia ottobre 2022
Come erano gli spettacoli del passato? Quali le miserie e il fascino del teatro di un tempo? Come risuonavano le voci? E i gesti? Come si svolgevano le prove? Quale energia si sprigionava in quelle sale illuminate a candele o a gas, quando il teatro era un centro vibrante della vita sociale, culturale e politica delle comunità? In queste ed altre appassionate domande, è racchiuso il senso di questo lavoro, ispirato a studi, saggi, documenti, biografie, autobiografie e lettere di gente di teatro. Come archeologi tra le rovine usiamo gli strumenti del teatro, medium che apre spazio e tempo, per evocare frammenti di un’arte tra le più fragili e tenaci e ritrovarne il battito. La notte di Capodanno, in un teatro abbandonato - che assomiglia a quello che anni fa riaprimmo con l’aiuto di molti - due attori senza nome e senza successo, innamorati del loro mestiere pur essendo solo due ‘comparsoni’ tra centinaia di altri, rimangono stregati. Immaginano di sentire i bisbigli e i sussurri di chi passò prima di loro. Alcuni antenati appaiono e se ne vanno, altri si fermano. Artiste e artisti di ieri, parte di una comunità girovaga e vitale dai molti volti, idealisti, cialtroni, coraggiosi, appassionati, capaci di rinnovare la loro arte ad ogni generazione, di aggirare ogni censura, di vincere ogni difficoltà, ci conducono per mano tra camerini e palcoscenici dei teatri tra Ottocento e Novecento. Intravediamo personaggi famosi e dimenticati, primi attori, primedonne, servette, generici, portaceste, suggeritori, sentiamo la violenza della prima guerra mondiale che chiuse i teatri e ne cambiò il volto, fino ad arrivare alle sfavillanti e amare luci del varietà e a coloro che per primi hanno fatto il salto verso il cinema. Entriamo in un mondo dove il legame tra il pubblico e la gente di teatro è forte, dove si illuminano le antiche radici di un patto.
Lo spettacolo si inscrive in un disegno che comprende le drammaturgie originali La pazzia di Isabella – vita e morte dei Comici Gelosi, Non sentire il male – dedicato a Eleonora Duse, Bimba – inseguendo Betti e Pasolini, Parola di principe e A colpi d’ascia tratta dal libro omonimo di Thomas Bernhard per arrivare alle ricerche Archivio vivo e All’antica italiana, progetti e spettacoli rivolti allo studio, alla documentazione e al racconto della storia delle arti a partire dalle testimonianze degli stessi artisti; un racconto dal vivo dove arti e saperi possano intrecciarsi.
Cerchiamo suono, immagini e incanto di un patrimonio della tradizione che dimostra intatta la sua sovversiva e rivoluzionaria vitalità.
È immensa la folla di coloro che non riusciamo a nominare, che non riusciamo ad incarnare, ma sentiamo il loro respiro, il sogno, l’azzardo e ne traiamo forza per cantare nel buio. (EB)
Note di regia al debutto dell’anteprima giugno 2021
Un giovane attore pesta i piedi e con rabbia chiede: perché non posso vedere gli spettacoli del passato? A questa domanda noi ne aggiungiamo altre: perché non possiamo essere presenti alle prove di Eleonora Duse? Quali erano fascino e miserie degli attori ottocenteschi, i gesti e la voce degli attori dell’antica Grecia? Come recitavano gli istrioni della Commedia dell’Arte che capovolgevano il mondo, e quelli del varietà, dell’avanspettacolo? Potremmo vedere per un attimo, solo per un attimo, una sala affollata al lume di candela? Anche noi pestiamo i piedi, come gli innamorati abbandonati e gli archeologi perduti tra le rovine, come la gente di teatro privata del teatro.
In queste domande, accorate, appassionate, illogiche, è racchiuso il senso di questo lavoro ispirato a testi storici, saggi, documenti, biografie, autobiografie e lettere di gente di teatro.
Ci facciamo trasportare nel teatro di ieri, cuore pulsante della società, così vicino eppure già lontanissimo. Gli artisti del passato, una comunità girovaga e vitale, cialtrona e appassionata, ci conducono per mano tra camerini, palcoscenici, alberghi e trattorie, ci fanno incontrare primi attori, mattatori, primedonne, servette, generici, portaceste, suggeritori, fino ad arrivare alle luci del varietà e ai set del cinema e della televisione. Entriamo in un mondo dove il legame tra il pubblico e la gente di teatro è forte, dove sono illuminate le sue più antiche radici.
Una delle immagini che ci guida è quella della scena finale di Risate di gioia di Mario Monicelli, film meraviglioso e sfortunato al botteghino, che ci tramanda i volti di Anna Magnani e Totò per un’unica volta insieme. Sono Gioia Fabbricotta detta Tortorella e Umberto Pennazzuto detto Infortunio, due ‘comparsoni’, artisti scalognati, generici senza fortuna addobbati con lustrini, frac e pagliette: continuano a sognare la gloria e l’arte. La maschera di Anna Magnani porta i segni della tragedia greca e del varietà, quella di Totò ricorda i comici dell’arte e un surreale e sghembo fool. Sanno interpretare qualsiasi cosa gli si chieda, rendendola sorprendente e nuova e allo stesso tempo antica. ‘Sono gli attori’, come dice con un sospiro Monicelli, ‘sono quelli che capiscono e lo sanno fa’.
Tra le ombre, il Principe de Curtis quasi cieco e Anna Magnani con la sua pelliccetta sussurrano: lui, ‘Signori, signori! Noi siamo degli artisti, sa?!’ e lei, come nel finale del film Roma, ‘A Federì… nun me fido!’.
Siamo in un teatro addormentato che assomiglia a quello, chiuso da decenni, nel quale siamo entrati molti anni fa restando incantati, a quelli rimasti chiusi nella nostra storia recente. Chi lo abita? Cosa succede fuori? Sono tutti sintonizzati sui nuovi dei? C’è qualcuno che li ascolta?
Nonostante la corsa veloce del nostro tempo, nonostante i silenzi siano spesso sovrastati dalle urla, basta guardare sotto la superficie delle cose per ritrovare intatta, come allora, la potenza del teatro, che trasforma e rivela. Cerchiamo suono, immagini e incanto di un patrimonio della tradizione che dimostra intatta la sua sovversiva vitalità. (EB)
Il progetto
Da diversi anni stiamo riordinando l’archivio cartaceo, fotografico e audio video della compagnia.
Il denso materiale ha acuito il desiderio di raccontare una storia ricca di progetti e spettacoli, ma anche di incontri, a partire da quello, fondamentale, con il nostro maestro, Leo de Berardinis.
È un racconto che pare a tratti inventato per le sue imprevedibili bellezze e asperità, proprio come quelli che stiamo registrando dalla voce di molti compagni di lavoro: parla di spazi ritrovati, collaborazioni magiche, ascolto e trasformazione dei luoghi, fino ad arrivare alla vivida stranezza del presente, che ci rende testimoni di un cambiamento che siamo chiamati a documentare. Abbiamo iniziato un percorso di montaggio di vecchi materiali audio video, di riprese di luoghi, di interviste ad artisti del teatro, ma anche di riprese relative ad altre arti e mestieri in cerca delle condizioni per continuare ad esistere con grazia. Questo lavoro ha dato origine ad un sito, a un archivio in parte visibile al pubblico e a una serie di brevi documentari, ai quali si aggiungerà quello realizzato a partire dalle prove di questo spettacolo.
Abbiamo oggi Università, studiosi competenti e sensibili, critici attenti e appassionati che si occupano del teatro da un punto di vista storico e teorico e ci regalano interpretazioni illuminanti del percorso di alcuni artisti. Abbiamo interviste di attori famosi e spesso di valore, quasi sempre però legati al cinema e alla televisione e per questo al centro dell’attenzione dei media.
Al tempo stesso registriamo un’attenzione molto minore di radio, televisioni e giornali per gli artisti che si occupano esclusivamente di teatro, danza, musica, senza curarsi di rimbalzare su media e social. Siamo felici che esistano saggi, studi, echi mediatici, ma ci manca la voce di molti attori, famosi e meno famosi. Ci mancano le impressioni degli scrittori e degli altri artisti sugli spettacoli, i loro scritti, le lettere, un patrimonio di informazioni abituale fino al secolo scorso; ci manca anche quell’editoria dell’aneddotica anche a tratti agiografica e fuori dalle righe, ma che una volta lasciata decantare, può raccontare di sfumature della vita che a volte sfuggono a studi più rigorosi e diventare fonte di ispirazione per chi pratica, ama e segue il teatro. (EB)
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