LA CANZONE DI GIASONE E MEDEA

da Euripide a Seneca, da Apollonio Rodio a Franz Grillparzer e Jean Anouilh
una lettura in musica in duo

regia, elaborazione drammaturgica e interpretazione Elena Bucci e Marco Sgrosso

musiche originali dal vivo al pianoforte e violino Dimitri Sillato - drammaturgia e cura del suono Raffaele Bassetti - maschere Stefano Perocco di Meduna - costumi Marta Benini - cura dell’allestimento Nicoletta Fabbri - distribuzione Emilio Vita

produzione Le belle bandiere in collaborazione con Centro Teatrale Bresciano

Questa lettura si ispira allo spettacolo LA CANZONE DI GIASONE E MEDEA regia di Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso, produzione Centro Teatrale Bresciano, con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi

recensioni

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“Passato, e per sempre, è il tempo della notte, di incanti e sortilegi. Tutto ora accade al limpido raggio della luce, il bene, il male, ed è giusto… Sei stata tu, sono stato io? Non so, è successo….” (Franz Grillparzer)

Entrare nel mito e nei testi antichi significa anche, in un tempo di smarrimento e ricerca di una nuova armonia, evocare il potere di una lingua perduta cantata e danzata che sosteneva i riti del ritrovarsi a ridere e a piangere insieme in luoghi dove l’incanto della natura amplificava quello dell’arte. Indaghiamo le molte versioni di una stessa storia e le ragioni diverse dei personaggi, sospendiamo il giudizio per cercare il ritmo che guida verso una possibile saggezza. Medea è una strega straniera capace, pur di ottenere l’uomo che ama, di sacrificare il fratello, indurre con l’inganno figlie innocenti a uccidere i padri, colpire i suoi stessi figli? Una vittima del potere resa folle dall’ingiuria dell’abbandono? Giasone è un traditore, un egoista, un abile stratega che calcola i vantaggi di un matrimonio importante con la figlia del re? La vicenda della madre assassina e dell’eroe greco indegno di gloria continua a spaventarci dopo millenni mentre le parole di Euripide e le successive riscritture del mito introducono temi che ci toccano profondamente: i diritti degli esuli in terra straniera, la violenza del potere nella polis e tra gli individui, la differenza tra amore e possesso, il valore della parola data, il sospetto verso le arti magiche e il timore della conoscenza. Restano sullo sfondo le figure senza futuro dei figli, vittime e testimoni della vendetta di Medea e del dolore di Giasone. In questa versione in duo, la tragedia è affidata ai due protagonisti Giasone e Medea: Il coro e gli altri personaggi sono evocati dalle loro voci e dalla musica. Il mito diventa una ballata popolare che narra dell’amore che si trasforma in morte: passa di bocca in bocca e varia nel tempo i ritmi e i passi della danza fino a risuonare nei nostri giornali, nelle comunità disorientate dalla perdita dei riti, nelle città dove si mescolano le etnie, i modi di vivere e di credere. Come accade per alcune antiche melodie che si ritrovano in tutto il mondo, questo racconto rinnova la memoria del patrimonio ereditato da chi ha vissuto prima di noi perché torni ad essere suono vivo, coscienza, catarsi che trasforma il dolore in sapienza. È un mistero dal quale traiamo un respiro profondo che ci unisce.

foto Umberto Favretto